Tomba
Redazione LdM
18 agosto 2021

Luoghi e Storie della Resistenza - a Sasso di Neviano degli Arduini

Il Museo come tentativo messo in atto nel 1973 da alcuni protagonisti della stagione partigiana di trasmettere alle generazioni successive un'esperienza fondamentale del loro passato 

Ad oltre trent'anni da quel lontano esordio, nell’aprile 2005 il museo è stato riaperto al pubblico in una nuova sede e con un percorso espositivo interamente rinnovato secondo criteri museologici e storiografici aggiornati.

L'allestimento attuale, infatti, propone una rigorosa ed accurata ricostruzione degli avvenimenti che si svolsero fra il 30 giugno e il 7 luglio 1944 nell'area appenninica a est della strada statale della Cisa, durante il rastrellamento condotto da reparti tedeschi e unità della Rsi.

Allo stesso tempo, però, nel racconto che il museo affronta c'è molto di più
c’è il 'microcosmo' della banda partigiana, impegnata a combattere - una alla volta o tutte insieme - le “tre guerre” di cui ha scritto Claudio Pavone, e c'è la gente della montagna, immiserita dalla guerra e sulle cui spalle gravava il peso delle rappresaglie, delle requisizioni fasciste, del mantenimento dei gruppi partigiani. Il racconto del Museo disegna dunque gli scenari della guerra, i contesti spazio-temporali e la dimensione sociale entro cui si collocò l'evento-chiave delle stragi dell'estate '44.

Interno del Museo  interno del Museo della Resistenza di Sasso

Il meccanismo narrativo è affidato ad un'ampia documentazione fotografica, alla cartografia storica, alle testimonianze materiali (armi, uniformi, equipaggiamenti) e, soprattutto, a una toccante sequenza di filmati: dall’intensa videoclip di apertura al documentario conclusivo, “Luglio 1944”, in cui 17  sopravvissuti rievocano, sessant’anni dopo ma con immutata emozione, la dolorosa memoria  dell’eccidio.


I rastrellamenti del 1944

L'operazione di rastrellamento sotto il nome in codice "Walleinstein"

Nell’estate 1944 il rafforzamento della guerriglia partigiana nel Parmense  con la liberazione di vaste zone montane sottratte al controllo dei fascisti e l’avvicinarsi del fronte ai contrafforti appenninici spinsero i comandi della Wehrmacht in Italia ad organizzare una serie di importanti operazioni di rastrellamento alle spalle della linea Gotica, con il duplice obiettivo di “ripulire” il territorio del retrofronte dalla guerriglia partigiana, e di rastrellarvi manodopera per l'industria bellica del Reich.

I rastrellamenti  sotto il nome in codice "Walleinstein"avvennero con un massiccio impiego di truppe e interessarono in sequenza l’area ad est del passo della Cisa, fino alla statale del Cerreto (Wallenstein I, 30 giugno-7 luglio), le valli del Taro e del Ceno (Wallenstein II, 18-29 luglio), il territorio della “repubblica partigiana” di Montefiorino tra il Reggiano e il Modenese (Wallenstein III, 30 luglio-7 agosto).

Interno del Museo  interno del Museo della Resistenza di Sasso

La zona appenninica tra Val d’Enza e Val Baganza fu la prima ad essere investita dalle grandi operazioni di “lotta alle bande”. Qui, fra la sera del 30 giugno e durante la giornata del 1° luglio, le truppe si macchiarono di gravi eccidi. Secondo le fonti  tedesche oltre 1.100 uomini, dei circa 2.500 rastrellati durante l’operazione “Wallenstein I”, furono deportati in Germania dalle province di Parma e di Reggio Emilia per essere impiegati nel lavoro coatto.

Nelle frazioni del Comune di Neviano Arduini, le truppe tedesche lasciarono dietro di sé una lunga scia di sangue e di distruzione. A Mozzano, Lodrignano, Lupazzano vennero fucilati civili, saccheggiate le stalle, distrutte le abitazioni e deportati gli  uomini, che sarebbero poi stati inviati in Germania come lavoratori coatti.

Nel solo comune di Neviano Degli Arduini furono 33 le vittime, tutti civili sorpresi dall’arrivo dei militari o scoperti nei nascondigli dove si erano rifugiati per sfuggire alla cattura. Il bilancio complessivo delle violenze compiute nel Parmense nel corso dell’operazione “Wallenstein” è di 156 vittime civili e di 70 caduti tra i partigiani, oltre all’incendio di numerosi abitati (Moragnano e Rusino intorno al Monte Fuso; Strela, Cereseto e Sidolo nel Bardigiano; Alpe, Setterone e Strepeto, frazioni di Bedonia). A ciò è da aggiungere la deportazione di 1.798 persone, catturate in parte anche nella provincia di Reggio Emilia.


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Segni della resistenza - Cippo memoria caduti partigiani Lesignano

Cippo memoria caduti partigiani - Lesignano

 

 


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Cippo alla memoria Cavalli A., Cavalli D.,  Ferrari e Branchi - Lupazzano 

 

 


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